sabato 6 aprile 2013

La cultura e il biglietto gratis

Piccolo sfogo che vale il tempo di uno sfogo e non vuol essere una lezioncina a nessuno.

Da qualche anno leggo sulle riviste di settore, sento dire dagli amici, leggo su fb, ci si chiede perché bisogna pagare un biglietto per andare a vedere un museo. Si dice che la cultura deve essere gratuita.
Magari, ma non è possibile.
Non è possibile perché noi tendiamo a confondere la possibilità di raggiungere più persone con il servizio che la cultura offre alle persone, ma a mio parere non è la stessa cosa.

Un museo deve essere fruibile e comprensibile per tutti: uomini, donne, bambini, disabili, anziani, italiani e stranieri.
Per poterlo fare ora come ora tocca ragionare in restauro dello stesso museo.
Bisogna fare teche con reperti che abbiano spiegazioni leggibili con un italiano corrente (per non parlare di spiegazioni anche in altre lingue perché a volte è chiedere troppo) o almeno con spiegazioni dei termini tecnici. Per fare questo forse ci vuole poco, magari un po' di buona volontà, visto che molte descrizioni dei reperti risale agli anni '70 e sono scritti a macchina su un foglio...
Per abbassare le teche e renderle fruibili a tutti bisogna rifarle e risistemare tutto l'allestimento e qui sono spese.
Rendere raggiungibili le stanze anche per chi ha problemi motori non è sempre fattibile e purtroppo a volte tocca operare un vero e proprio restauro degli edifici.
Per non parlare delle altre disabilità che a volte sono raramente superabili in Italia (per esempio per la cecità, sono pochissimi gli esempi di musei con copie di reperti che possono essere toccate).
Lasciamo perdere poi il discorso bagni e bookshop che forse è meglio aspettare l'arrivo degli alieni.

Mettendo il caso che il museo X sia già così, a posto, allora tocca calcolare altri costi come il mantenimento costante della temperatura per il mantenimento dei reperti, lo stipendio dei restauratori per il controllo dei reperti, le bollette di luce gas acqua, lo stipendio per custodi e guide. 
E qui casca l'asino vero?

Quando noi vogliamo un biglietto gratis per entrare al museo non ci pensiamo che in quel museo ci lavorano delle persone che poi a loro volta devono pagare le bollette, mangiare e costruirsi un futuro vero?
Nella mente delle persone purtroppo c'è sempre quel certo egoismo che ci pone nell'ottica di pensare al proprio piccolo orticello: io voglio usufruire della cultura, io voglio andare in quel museo e non spendere, io voglio poter andare ovunque. Purtroppo non è possibile perché i musei costano e gli enti statali non hanno fondi, visto che lo Stato ha fatto dei tagli. 
Possiamo discutere fino allo sfinimento dei compiti dello Stato, dei ladrocini dello Stato, delle deficienze dello Stato, ma o avete una bacchetta magica oppure tocca iniziare a ragionare in modo differente.
Se poi guardiamo la Storia non esiste Uno Stato che sia stato in grado di pensare al welfare, alla difesa, alla sicurezza e al mantenimento dei beni archeologici contemporaneamente. Mi direte che il concetto di bene archeologico è un concetto moderno e avete ragione, ma un tempo erano i privati che pensavano ai restauri delle Chiese (per propria gloria personale, ma tant'è lo facevano) o di altri edifici pubblici oppure abbellivano i loro palazzi privati (palazzi privati che col tempo sono diventati beni pubblici statali) e ci pensavano loro al mantenimento. Questo vuol dire che lo Stato centralizzato poteva (se voleva) pensare ad altro.E non è cosa superflua questo aspetto.
Ora il nostro Stato deve pensare anche a tutta questa eredità privata e non ci sta dietro. Siamo consci di questa cosa? 
Abbiamo troppa roba da gestire e pochi fondi. Punto.
Possiamo dire "se", "ma", "se fossimo", ma non siamo e non possiamo. Punto.

Invece di ragionare su biglietti gratis, sulle persone che fanno cultura che dovrebbero non essere pagate "perché fanno una cosa che piace a loro" (Ma che ragionamento del cavolo! Vogliamo parlare di tutti quegli archeologi che vantano dei crediti nei confronti degli enti pubblici? Vogliamo parlare di tutte quelle volte che si pretende che la guida non costi un sovrapprezzo sul biglietto, come se il suo servizio non avesse valore? Vogliamo parlare della pretesa che il rievocatore che FA didattica la debba fare gratuitamente, "perché tanto..."?), monumenti restaurati per magia, se iniziassimo a ragionare sul cosa ci aspettiamo quando paghiamo un biglietto del museo?

Prima di tutto possiamo ragionare per fasce di prezzo, ma ci perderemmo in numeri e metrature, quindi possiamo valutare che se spendi 3 euro puoi accontentarti, se ne spendi 8 euro inizi a pretendere, di più devi avere anche il tappeto rosso. Può andare come inizio?
Che cosa vuol dire questo?

Che non dobbiamo pensare che tutti i musei siano uguali, che tutti i reperti siano uguali, che la mole di reperti non influenzi il suo mantenimento, che l'impostazione di essi sia per tutti standard. 
Se un museo come il Louvre che per vederlo tutto ci vuole una vita, il prezzo del biglietto ti costa (guardando su internet) sugli 11 euro, i musei vaticani più la cappella Sistina sui 16 euro, tanto per dire alcuni fra i più importanti, questi prezzi li riteniamo assolutamente abbordabili e ottimi per la quantità di reperti e per la qualità degli stessi.
Se invece lo stesso prezzo o quasi lo paghiamo per due cose in croce, allora è giusto lamentarsi.
Qui casca l'asino (e due!)!
Basta  confondere le cose, i musei, i servizi, le possibilità!

Dare un valore ai musei non è peccato; sapere che i propri soldi sono ben spesi non è peccato; pretendere che ai nostri soldi dati per un biglietto equivalga un servizio dello stesso valore non è peccato.
La cultura costa e purtroppo se continuiamo a pretendere che non costi essa chiuderà per mancanza di liquidità!
Pretendiamo servizi decenti e aggiornati.
Pretendiamo che ci siano riduzioni per chi le deve avere (scolaresche, minorenni, pensionati, ma anche chi con un vero 740 non arriva a fine mese ma vuole imparare) e non così a pioggia.
Dobbiamo rassegnarci a fare delle scelte e fare dei sacrifici per poter usufruire di una cosa, perché non possiamo avere tutto (e qui secondo me siamo vittime del consumismo più sfrenato che ci ha fatto credere che dobbiamo avere tutto) e soprattutto dobbiamo, ognuno con le proprie possibilità, diventare finanziatori e sostenitori presenti e attivi della cultura, pretendendo per quello che si da.
Basta essere passivi fruitori con servitori a seguito, ma essere attivi "miles" culturali che vedono come proprio  quello che ci circonda e fare come il buon padre di famiglia.

Io stessa, per quanto abbia una buona famiglia che mi sostenga anche in questa mia follia di fare la rievocatrice, faccio sacrifici per poter usufruire della cultura. Un esempio? Se so che andrò per un museo (dove potrei anche rischiare di prendere qualche catalogo), non esco a cena con gli amici, ma li raggiungo dopo per fare quattro chiacchiere. Oppure invece di andare al cinema una volta di troppo per film così, aspetto di prenderli in videoteca. Sono esempi del cavolo, lo so, ma mica faccio rivoluzioni mondiali io, faccio il mio piccolo! 

Le giornate o settimane della cultura non sono un male, anzi sono una possibilità per tantissime persone e per tantissime occasioni, quindi è una vergogna che quest anno siano state eliminate, ma purtroppo non possono essere un sempre.

Quando andiamo nei musei guardiamoci attorno e guardiamo cose, facce, persone e situazioni e mettiamoci nei loro panni e chiediamoci se potremmo vivere con le pretese che noi abbiamo su di loro.
A volte mettersi nei panni degli altri aiuta a capire qualcosa.

Basta, vi ho già ammorbato troppo con il mio sfogo.
Uno sfogo che è solo la mia verità e non LA verità.




venerdì 5 aprile 2013

Ricostruire un abito storico. Pantaloni per turcopolo

Non sono qui a insegnare niente a nessuno, ma semplicemente a raccontare la mia crescita come rievocatrice.
Undici anni fa non mi sarei posta tanti problemi: avrei preso della stoffa, l'avrei fatta tagliare e poi avrei fatto un abito che poteva essere medievale.
Ma fare il rievocatore, serio soprattutto, è altro ragionamento.
E' cercare la stoffa giusta, non solo per genere, ma anche per colore e tramatura.
E' andare in giro per negozi fino allo sfinimento.
A volte è anche perdere la pazienza con se stessi, perché ci si rende conto che si è pignoli, che a volte anche odiosi.
Poi si deve tagliare nel modo giusto e non come è possibile: esiste il concetto del risparmio della stoffa, ma non in ottica a te contemporanea, ma del periodo che hai scelto.
A volte si decide anche che bisogna (sottolineo "bisogna") tagliare la pezza con la metratura di allora e poi ricavarne i pezzi da assemblare.
Per arrivare a questo livello un rievocatore fa e vuole fare certi passaggi, i quali a volte portano alla follia.
Qualcuno si ferma prima ed è contento lo stesso, qualcuno va avanti e diventa un po' più talebano: cucire tutto a mano, magari anche alla luce delle candele; tessere la stoffa con riproduzioni di telai dell'epoca e poi comporre il vestito. Cose così.

Il mio livello di ricostruttore storico (con mamma al seguito perché è lei che taglia e cuce) è medio alto. Non intendo come qualità, visto che quella non la voglio giudicare io, ma come voglia di essere precisa. L'ultimo mio abito invernale medievale è stato tagliato secondo il metodo del Medievale Tailor' assistant (da questo link scaricate direttamente il manuale) e ciò ha fatto impazzire mia mamma (oltre al fatto che lo ha fatto in mia assenza), ma con risultati ottimi. Mi sono totalmente bulleggiata ad Armi&Bagagli 2013 che potevo sembrare un po' arrogante, ma cadeva giusto ed ero soddisfatta.
Il prossimo fine settimana poi farò un corso apposta di cucito medievale e vedremo cosa riuscirò ad imparare.

Nel frattempo imparo nuove cose sul ricamo e qui ritorniamo all'argomento di partenza, perché ricamare così, imparare i punti, fare due disegni ha sì un suo valore, ma impari di più se devi ragionare su una fonte o su un disegno per ricostruire un abito.

E qui caschiamo in due, io e Mario, amico da anni con cui abbiamo condiviso anni di rievocazione nello stesso gruppo e ora collaborazione ed amicizia.
Il suo punto di riferimento è ricostruire un turcopolo.
Con turcopolo si intende la truppa turca o araba in generale al soldo delle truppe crociate in Terra santa. Non ha un valore religioso, perché potevano essere mussulmani come cristiani, ma solo geografico. Franchi per indicare gli europei, turchi per i medio orientali.

Siamo partiti da questa immagine, anche perché io non ne sapevo nulla. 


E abbiamo ragionato sui pantaloni visto che quelli erano il suo obiettivo.
A mio parere erano tessuti già così, visto che non è solo un bordo in fondo, ma ci sono alcune righe lavorate a spina di pesce lungo tutta l'altezza della gamba. L'immagine non è un reperto, ma Mario è un rievocatore scrupoloso e quindi è sicuramente quella più leggibile per ora. Vedremo cosa potrò trovare in futuro di fonte primaria.
La mia conoscenza dell'arte del ricamo è ancora agli inizi e quindi non dubito che potrei trovare un punto più adatto e corretto, ma vedendo il lavoro e poi il periodo ho scelto un punto erba e del filo di cotone da mettere in doppio per dare più spessore.

Visto che la pezza da ricamare che mi ha dato Mario era insufficiente per tutto il lavoro pensato all'inizio (bordo orizzontale e strisce verticali), ho pensato di focalizzarmi solo sui bordi inferiori. Ringrazio la Sartoria del Borgo (credo che siano a Riolo Terme) che ha fatto gli abiti di Mario per avermi dato le dimensioni giuste, perché se aspettavo lui potevo fare mille metri...
La parte di progettazione è stata quella più noiosa.


Odiavo tecnica alle medie: avevo sempre tutto il foglio sporco, anche se giusto. La professoressa era rassegnata e a volte mi dava un buon voto per l'impegno. Quindi progettare tutti questi rombi che dovevano essere uguali e precisi è stato un lavoraccio.
Alla fine ero molto fiera di me e anche se i rombi interni li ho fatti a mano libera, lo schema era venuto molto bene. Dico era, perché una volta messo sul tavolo luminoso con sopra la stoffa, essa era talmente spessa che non si vedeva nulla. Ma nulla. Avrei voluto piangere, lo ammetto.
Ripresa dallo sconforto ho dovuto rifare lo schema su tela a mano libera e stare attenta a non sbavare troppo, perché la matita non si cancella bene. Su consiglio della mamma sono andata a cercare la matita da ricamo cancellabile (lei se la ricordava), ma mi hanno guardato con aria dubbiosa. Continuerò la cerca comunque.

Poi è iniziato il lavoro e lì ho imprecato contro la mia leggerezza (mi ero dimenticata del lavoro e dovevo fare tutto in una settimana), ma soprattutto della stoffa: un truscello romagnolo-marchigiano, tela che un tempo si usava per fare le lenzuola pesanti e le tovaglie. Bellissima, forse ho qualcosa in casa di mia nonna, ma assolutamente non ricamabile, se non per delle piccole iniziali. 


Quindi dopo aver spezzato un ago all'inizio del lavoro, rischiato di perderne uno per la camera, piegato un altro e finalmente minacciato il terzo (che era quello quasi perso), ho lavorato come una schiava e in una settimana quasi sono riuscita a fare tutto. Lunedì a scherma avevo male alla mano e alla spalla per il ricamare che maneggiare una spada è stata una cosa leggera.

Poi dopo aver spedito il pacchetto sono partita per Palermo e diciamo che me lo sono dimenticata finché non sono tornata in quel di Parma proprio in tempo per l'ultimo giorno di fiera.
E quando ho visto il bordo montato e sistemato, mi sono sentita molto fiera di me.

dettaglio. Non si vede nemmeno che i rombini interni sono uno diverso dall'altro. 

Mario nella sua turcopolaggine a fianco del nostro manichino templare.
Non mi aspettavo una copia del disegno, ma alla fine è molto più vicino di quanto si pensi.
Lui era molto soddisfatto e ciò mi ha fatto piacere.
Adesso continueremo a collaborare per rendere ancora più preciso il vestito, ma diciamo che è un buon inizio.