mercoledì 22 agosto 2012

Nascono serpenti in estate

Chi mi conosce sa benissimo che io potrei fare tante cose, ma il ricamo non proprio.
Se ritiro fuori i miei sbordacci infantili, dico che si salvano solo i ricami a punto croce fatti alle elementari per la festa della mamma (ah le suore e i lavori manuali!). Andavo bene, ma erano semplici. Quando ho tentato di replicare la manualità di mia mamma (che ricama benissimo. Invidia!) ho scoperto che non stavo attenta e che il dietro era un vero e proprio disastro. Il mio problema era prevedere dove far andare il filo in modo da sprecarne il meno possibile e avere un disegno leggibile sia sul fronte che sul retro.

Così ho smesso.
Accantonato aghi e fili e fatto altro. Poco altro in questo campo devo essere sincera.

Poi sono arrivati gli anni della rievocazione e tante idee da fare, tanti libri da leggere. Dopo 10 anni di rievocazione e tanti libri ancora da leggere, si è arrivati al fare. E sono rimasti i pensieri della vita vera e quindi bisogna che la testa venga in qualche modo distratta.
E quindi imparato una tecnica di tessitura (di cui vado fiera anche se devo imparare tantissimo), ripreso in mano ferri da maglia e uncinetto (anche se solo per poco visto che non ho così tanta affinità. Diciamo che non trovo da fare quello che mi piace. Tranne gli amigurumi e le coperte old style. Ma vi dirò poi.).
Quando poi ti incuriosisci di qualcosa ti viene da girare a cercare immagini e sono capitata su un sito meraviglioso: Othala Craft.
Fanno ricostruzione di abbigliamento vichingo. Sono davvero un mito fra le rievocatrici che bazzicano il filo. Più guardavo le foto e più mi chiedevo come rifare certe cose. No, non passerò nei vichinghi, anche se mi piacciono; sì potrei usare tutto ciò per il fantasy e rendere il tutto ancor più tamarro (adoro unire la Storia col Fantasy, perché da un tocco più credibile, più vivo, più bello). 
Così spinta dai consigli di amiche conosciute via fb nel gruppo "Tramando e Ordendo" (non so per quanti sia visibile...), da cui è nato anche un blog http://tramandordendo.blogspot.it/ , abbiamo valutato che certi ricami fossero fatti con il punto catenella. 

Ora non so da che parte si prenda e ho provato a leggere i libri di mia mamma sul ricamo, ma c'era sempre qualcosa che non scattava nel cervello (pigrizia ovvio, spero, insomma...), poi conoscendo Fata Lù ad Aquileia e guardando due immagini su internet ho detto: "provo". E ho fatto.

Scaricata l'immagine di un ricamo fatto da Othala.
Comprata stoffa all'ikea (hanno alcuni buoni tessuti a un prezzo accettabile. Io ho trovato del cotone color naturale: 2 metri a 5 euro totali. Un buon affare).
Cercato il cerchio da ricamo nell'antro ordinato di mia mamma, ma sempre antro perché c'è quasi tutto lo scibile del fai da te.
Preso il tavolo luminoso di mio fratello per ricalcare il disegno.
Comprato al mercato filo nero da ricamo.
Aperta una delle mie scatole del "teniamolo/prendilo che prima o poi servirà" e trovati 2 colori per i serpenti.
E poi tanta pazienza.
E tanta tv! Perché il punto catenella soddisfa le mie esigenze da lavoratrice distratta: fare e staccare il cervello, mentre c'è del rumore di sottofondo. Di solito mentre tesso guardo i documentari, qui ho guardato tanti gialli e i cacciatori di fantasmi. Perché faccio così? Perché riesco a spegnere il cervello, a non pensare e quindi a non stressarmi e a trasformare il fare in qualcosa di "terapeutico".

In giro di 10 giorni sono riuscita a fare questo.










Molti punti sono scappati, non belli, ma più ne facevo e più il lavoro veniva bene e i punti precisi e chiari.
Per chi ha imparato una tecnica solo da 10 giorni, devo dire (con molto autostima che merito e poca modestia per una volta) che sono stata veramente brava. 
Alla fine ero stanca. Lavorare tutti i giorni almeno 4 ore nella giornata mi ha stancato e fatto venire i calli alle falangi (porcaccia la miseria e adesso come faccio? Dovrò fare dei begli impacchi con la crema per ammorbidirle).
Ora devo trovare un altro disegno da montare per Mantova Medievale per questo fine settimana. Fa troppo caldo per le tavolette.

E questo poi significa che andrò a depredare l'antro dei filati di mia mamma, se lei lo permette. Se no alla ricerca di rotoloni a basso costo per mercatini, negozi che svendono o capannoni di tessuti.
Al prossimo disegno.

p.s.: logico che dovrò saperne di più sulla storia del punto catenella. Avete libri da consigliarmi? Libri che tornino indietro di millenni, perché di solito nei libri di storia del ricamo tutto nasce nel Rinascimento, come se prima non ci fosse stato niente e le donne non sapessero ricamare...

6 commenti:

  1. Risultato bellissimo!
    Si vede benissimo la pazienza e l'amore che ci hai messo in questo lavoro.
    D'altronde, il dare la vita a qualcosa, con le nostre mani e una buona dose di pazienza, fa parte un po' della natura di noi donne. Puoi essere buzzurra quanto vuoi, ma alla fine la damigella che è in te esce sempre!

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    1. Grazie mille dei complimenti e sai che è sentito il ringraziamento.

      Credo comunque che essere donna non implichi per forza avere la "veste" da damigella...
      Diciamo che per me essere donna prende talmente tante sfumature che magari mi riconosco più nella resdora emiliana: lavora, fa la sfoglia come un'opera d'arte, cura chi ama, ma se ti da un ceffone ti fa fare un paio di giri su te stesso che te lo ricordi per tutta la vita!
      La damigella mi ricorda qualcosa di svenevole, di debole, di colei che ha bisogno di un uomo per essere completa o che faccia per lei quello che lei non fa (perché non le è stato insegnato che può farlo, perché ha mente, mani e abilità). Non fa per me la damigella, perdonami.
      Meglio la resdora! :)

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    2. Be', io invece intendo la parola "damigella" con una serie infinita di sfumature, compresa quella della "residora", o della "bona femmena" napoletana! Tutte accomunate però da un minimo comune dominatore: il bisogno di qualcosa e soprattutto di qualcuno di cui prendersi cura, siano essi mariti, fratelli, sorelle, figli, ecc. E' questa, secondo me, l'originalità dell'identità di noi donne: prenderci cura di chi amiamo, e, perché no, anche delle cose che amiamo; in un certo senso, "accogliere" nel nostro grembo e "partorire", facendocene carico come fosse parte di noi stesse.
      Per esempio, quando ho visto il mio racconto in libreria, quando ho finito la mia gonnella ricamata, mi sentivo come se li avessi "partoriti"!

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    3. Visto che la resdora è la donna di casa (e non casalinga come la intendiamo nella modernità, come se fosse un'insulto. Mentre la donna di casa è colei che la regge, la governa, la rigoverna) e che tu la fai rientrare nella categoria "damigella", ci siamo intese (anche se non ti ci provare più a chiamare damigella, perché alla prima occasione di rievocazione ne paghi le conseguenze...ahahahahahah).

      Per quanto riguarda la capacità naturale tutta femminile di partorire ci può stare.
      Ma credo che qualsiasi artigiano o manovale (inteso come colui o colei che lavora con le mani) possa provare la stessa sensazione, al di là del proprio sesso biologico. E' una sensazione naturale, viva e vivificante: quello che si fa con le mani e con l'ingegno esce da noi stessi per andare nel mondo.

      Io trovo esaltante trovarmi a confrontare con artigiani, con coloro che lavorano con le mani (qualunque sia il loro campo) e costruire con le mie mani. Trovo tutto quello che faccio e che sto imparando vivificante in questa ottica, anche un po' fisica e faticosa. Questo è il mio rapporto con quello che faccio...sono io, nè più nè meno. :)

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  2. Sara.. sei davvero brava!!
    Mi piace molto il risultato della tua fatica!!
    Divertiti a Mantova!!

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    1. Grazie mille Rò.
      Sono molto esaltata del risultato del ricamo.
      Oggi ho preparato quello per Mantova e ho scelto un cavallo. Per ora disegni antecedenti al mio periodo perché di più facile e immediato reperimento.
      Speriamo che vada tutto bene a Mantova...

      Buona giornata!

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